Dal punto di vista strettamente razionale il voto è sempre inutile. Su milioni di elettori il singolo voto è del tutto irrilevante, ininfluente. E questo vale anche se le dimensioni dell’elettorato sono più ridotte: nel mio comune dove votano circa 20.000 persone (non milioni), il singolo voto incide lo 0,005%. Niente. Eppure, paradossalmente, ci si accorge che se questa consapevolezza portasse tantissime persone a non esercitare il proprio diritto di voto e solo uno esprimesse il suo voto, quella singola persona eserciterebbe un potere enorme che minerebbe la fondamenta stesse della democrazia. Ecco allora l’importanza del voto di tutti che nel suo complesso diventa fondamentale per l’esercizio della democrazia ma che, preso singolarmente, incide quasi per nulla nel risultato delle elezioni.
Il paradosso, comunque, potrebbe lasciare indifferente il lettore perché si accorgerebbe che in fondo lui non può controllare i voti di tutti, o almeno di molti, e l’unica cosa che può gestire sicuramente è il proprio voto: per quanto percentualmente irrisorio per l’esito delle elezioni, il mio voto è ciò che posso scegliere, è il mio “peso” nella competizione elettorale e quindi lo devo e lo voglio esprimere nella maniera migliore possibile. Voglio che il mio voto incida, in qualche modo, nella competizione elettorale e non venga buttato via inutilmente.
È su questa logica che si insinua la tentazione del cosiddetto “voto utile”. La logica del voto utile si radica su due presupposti fondamentali: la legge elettorale e le previsioni sui risultati della competizione elettorale. Prima di tutto la legge elettorale. Infatti in un sistema perfettamente proporzionale, cioè in un sistema dove la rappresentanza negli organi decisionali è proporzionale ai voti espressi dai cittadini, il voto utile non ha senso. In un sistema del genere il mio voto andrebbe a quel partito o a quella lista il cui programma di governo si avvicina di più alle mie idee. Poi, anche se quel partito o quella lista ha racimolato pochi voti e pochi rappresentanti negli organi decisionali, il mio singolo voto ha “pesato” nella competizione elettorale allo stesso modo degli altri, ha avuto lo stesso peso di chi ha votato per il partito o per la lista maggioritaria.
Discorso opposto in un sistema maggioritario puro. Se nel mio collegio elettorale sono candidati in cinque e solo uno può venire eletto, quello che ha preso un voto più degli altri, ecco che alla fine della competizione elettorale hanno avuto un peso determinante solo quei voti che hanno eletto il vincitore e tutti gli altri buttati nel cassonetto. Completamente inutilizzati. È in un contesto del genere che vengono i dubbi sul voto utile. Che devo fare per non rendere inutile, cioè per non sprecare il mio voto? Chi devo votare? Non è necessario, per inciso, che il sistema elettorale sia maggioritario puro per far nascere i dubbi sull’utilità del voto, è sufficiente che sia meno proporzionale del normale, basta una percentuale di sbarramento ad esempio, perché nascano dubbi sull’utilità del voto.
Per risolvere le domande su come non “sprecare” il voto entra in campo il secondo presupposto fondamentale: la previsione sul risultato elettorale. A dare notizie sul probabile andamento della competizione elettorale sono le serie storiche e i sondaggi. Le serie storiche ci dicono, ad esempio, che se i partiti e le coalizioni di centro destra in un certo collegio elettorale, non hanno mai eletto rappresentati è molto probabile che non succederà anche questa volta. Ci dice, inoltre, che se nasce una nuova lista non legata a partiti storici e quindi non catalogabile nelle serie storiche, essa non deve essere presa in considerazione e un voto a quella lista diventa decisamente inutile. I sondaggi, poi, confermano tutto questo, restringendo, normalmente, la competizione a due soli candidati, a due liste, a due coalizioni, lasciando tutti il resto come decisamente marginale quindi inutile. A rafforzare la logica del voto utile si insinua poi la logica del voto strategico: se gli unici candidati in posizione utile ad essere eletti sono solo due e nessuno di essi mi piace ma uno mi piace molto meno, la logica del voto utile in quanto voto strategico mi spinge a votare per il meno peggio.
Io non so quanti di voi abbiano ragionato almeno una volta in questo modo. Quello che è certo è che il ragionamento è sbagliato. Nei suoi presupposti logici. Oltre che nei suoi presupposti etico-politici: il voto non è un esercizio di massimizzazione dell’efficacia elettorale, è l’espressione della volontà popolare riguardo agli indirizzi politici da perseguire in un certo momento storico. Andare alle urne e pensare a come massimizzare l’utilità di un voto che incide per qualche millesimo di percentuale è veramente deprimente. Il voto dovrebbe, invece, essere il segno della propria partecipazione alle decisione collettive, la propria voce in mezzo a tante altre voci, certo, ma l’unico momento in cui posso dire la mia, con una semplice X ma la semplicità del gesto non squalifica affatto l’efficacia del messaggio.
Ma torniamo alla questione logica. Il ragionamento sul voto utile si basa sui due presupposti, come abbiamo visto, con l’illusione che siano presupposti oggettivi o almeno terzi, cioè neutrali, rispetto all’esercizio del voto. Invece no, non sono né oggettivi né terzi. Il sistema elettorale, anche se formalizzato in una legge, non è oggettivo, nel senso che cambia ogni volta che una maggioranza si appresta ad una consultazione elettorale e ha paura di perdere le elezioni. Cioè sempre, da trent’anni a questa parte. Non solo, quindi, non è oggettiva ma non è neutra rispetto al voto. Quando un elettore ragiona sul voto utile fa esattamente il ragionamento che chi ha scritto la legge elettorale vuole che faccia. È il burattino della maggioranza di governo uscente. A qualcuno potrà anche piacere, perché no, però non venga a dire che la legge elettorale è il presupposto oggettivo del ragionamento elettorale. È un modo come un altro per dire “voto secondo le logiche del potere”.
Non sono oggettive né terze le previsioni sul risultato elettorale. Evidentemente. Sono veicolate dai mezzi di comunicazione di massa che rinforzando alcune tendenze presenti nell’elettorato, le amplifica inverandole. Vi invito a vedere come i giornali, i siti internet, le tv informano sui sondaggi elettorali e sulle previsioni in generale. Tranne alcune rare eccezioni essi veicolano sia il sondaggio che l’informazione a seconda dei propri obiettivi politici, confermando nei (e)lettori le proprie convinzioni o veicolando la loro scelta nel senso dell’utilità. Ma c’è anche qualcosa in più nella logica del voto utile. Esso è genuinamente e radicalmente conservatore. Esso dice: nulla mai potrà cambiare, facciamo in modo che non cambi davvero. La storia del Movimento 5 Stelle, in Italia, ci ha insegnato che questo non è vero. Magari solo dal punto di vista elettorale, poco alla volta, ma qualcosa può cambiare. Se gli elettori del M5S avessero scelto il voto utile sin dall’inizio tutta la storia recente avrebbe preso un’altra piega.
Siete affascinati dalla logica del voto utile? Vi chiedo di aggiungere la domanda: utile a chi? E vedrete che quel fascino diventerà sempre meno attraente.
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